Da un’agenda del 1989, 28 marzo
Di ritorno dai “delfini” comunità psichiatrica
Scritture eccitate e veloci
Con crampi di cuore, di penna
Un orgasmo beato nella piana livida notte
Arde un abbraccio euforico
Distratto come il deserto
Dopo………posso anche morire
Sarà una risata che vi seppellirà
Ti accorgi che in queste strutture lo stato si occupa della cosiddetta “malattia mentale”, dal puzzo di piscio, piscio e silenzio. Qualcuno attraversa lentamente i corridoi e nessuno lo vede,lui, non vede nessuno di giorno, come di notte.Nessuno parla o “delira” come dicono gli “SCIENZIATI” del settore, nessuno grida,imbottito di farmaci riesce ad urlare solo dentro di se, che è più doloroso.Un maledetto silenzio che ti spacca i timpani e ti avvolge l’anima, se riesci a scovarla nel suburbio del corpo. Un corpo fra tanti, e non si riesce a comunicare.”Il matto”è sempre dall’altra parte, nella parte selvaggia, fuori controllo di ogni sistema, si anche di quello sanitario “non si cura ciò che non è malato, si esclude, si isola” La 180, intesa come legge, è solo un paravento:disattesa, calpestata.
Nel reparto psikiatrico non ci sono finestre, se ci sono sono sbarrate, come un insulto.Ci sono lunghi corridoi e le camere i bagni il salone cucina, tutto in ordine, modello “qualcuno volò sul nido del cuculo” e sui “matti” si continua ad esercitare una coercizione assurda,funzionale al dominio, alle multinazionali farmaceutiche, al silenzio ottuso delle nostre città. Lucia D. ha trentacinque anni e da venti è maltrattata dal nostro sistema sanitario. In questi giorni non vuole mangiare con gli altri, in quella sala asettica, bianca come una necropoli. La sua paura è più forte delle dosi massicce di psicofarmaci che gli “SCIENZIATI” hanno ordinato di somministrare :”deve essere contenuta, su, conteniamo!! Conteniamo!!”. Oggi, reparti psikiatrici e comunità autodefinitisi terapeutiche, sono contenitori, contenitori isolanti. E non importa a nessuno. Si ha troppa paura della Follia. Lucia D. scrive poesie come m’è capitato poche volte di leggerne, quando le ho chiesto se potevo pubblicarne una da qualche parte ha riso. Forte. Come se con quella risata avesse voluto seppellire il resto del mondo e mi ha detto “ok scrivila sui tuoi cazzo di giornali e dammi una sigaretta e il caffè ogni volta che te lo chiedo” se n’è andata ridendo,con il mondo sotto i piedi.
Ho costruito su inossidabili rossi fiumi
Scritture eccitate e veloci
Con crampi di cuore, di penna
Un orgasmo beato nella piana livida notte
Arde un abbraccio euforico
Distratto come il deserto
Dopo………posso anche morire