Un’officina sociale contro il proibizionismo

Un’officina sociale contro il proibizionismo

di Orsola Casagrande

Venerdì 27 febbraio 2009
Monfalcone
è uno strano posto. La Fincantieri è una presenza ingombrante, in tutti
i sensi. Fisico, perché incombe sulla città dal lato del mare. Mentale,
perché nell’immaginario collettivo la Fincantieri ha significato (e
continua a significare) lavoro, possibilità. Ma Fincantieri è
ingombrante anche perché la sua crisi la rende tale. Lentamente i
cantieri si spopolano – la crisi qui non è cominciata certo di recente.
Magari per ripopolarsi di invisbili, lavoratori migranti, sfruttati e
costretti a subire contratti e condizioni di lavoro inenarrabili. Ma
Monfalcone è uno strano posto anche per altri motivi. Città di
frontiera, anche se il confine è qualche chilometro più in là e in
parte non c’è (almeno sulla carta) più. Città attraversata da uomini e
donne di mille provenienze diverse, vissuta anche da migliaia di
‘nuovi’ cittadini, ma impermeabile – così sembra – alle trasformazioni.
Qui vicino c’è il centro di detenzione di Gradisca. Da qui, da
Monfalcone sono partiti in tanti per andare a contestarlo. Il suo
essere città di frontiera e di passaggio rende anche Monfalcone città
supercontrollata. Militarizzata non è forse la parola giusta, perché la
militarizzazione non è visibile. Ma c’è. Questa sensazione che fa sì
che uno si senta sempre obbligato a guardarsi alle spalle. Il controllo
costante, incessante. Questo non invisibile. Perché i controlli di
polizia, per strada, di giorno e di notte sono continui. Di questo,
delle sensazioni che suscita una visita in città, si è chiacchierato
per ore all’Officina Sociale. Il centro sociale della città, mal
tollerato, mal digerito. Di questa città strana si chiacchierava
soltanto qualche tempo fa, attorno a un tavolo del centro sociale,
anche con i ragazzi che dal 17 febbraio si trovano in carcere, accusati
di aver ceduto sostanze stupefacenti.
L’arresto è scattato per
delle s.i.t. (sommarie informazioni testimoniali), ovvero per persone
che hanno raccontato agli inquirenti i momenti e le modalità di consumo
di hashish e marijuana. Alle cinque del mattino, polizia e carabinieri,
hanno prima perquisito Officina Sociale (sequestrando ben trenta
mozziconi di sigaretta) e poi sono andati a prendere i tre attivisti
nelle loro abitazioni. In tutto sono state sequestrate quantità di
hashish e marijuana pari a 0,23 e 0,83 grammi. La sera prima degli
arresti all’Officina c’era stata una prima iniziativa pubblica di
avvicinamento alla conferenza nazionale sulle tossicodipendenze del
ministro Giovanardi che si svolgerà a Trieste il 12, 13 e 14 marzo.
Forse
c’entra anche questa conferenza. Ma certamente, come raccontavano
qualche tempo fa gli attivisti di Monfalcone, e come oggi ripetono
“siamo in presenza di qualcosa che parte da lontano: da anni tutto
l’isontino subisce un controllo sociale esasperante, fatto di controlli
dei ragazzini alla ricerca della canna assassina, di perquisizioni,
corporali e delle abitazioni, fermi e minacce a parlare a far nomi”.
Maxi inchieste del nulla, che in molti anni hanno portato a indagare
centinaia di persone. In questi mesi la notizia non l’aveva fatta
l’Officina Sociale ma il processo Lorito. Dal nome dell’ex vice
questore di Gorizia, sotto processo per consumo e traffico di cocaina.
Mentre si prepara la manifestazione di domani a Monfalcone per chiedere
la liberazione degli attivisti arrestati, ci si chiede il perché di
questi arresti. Al centro sociale un’idea ce l’hanno. Probabilmente il
tutto risale alla precedente perquisizione del Bassa Soglia del comune
di Monfalcone all’interno di Officina Sociale a maggio dello scorso
anno, perquisizione che non aveva portato al sequestro di niente, ma
aveva fatto iscrivere diversi militanti nel registro degli indagati.
Ora il pm titolare dell’inchiesta se ne andrà, alla fine del mese, e
forse questo ha fatto premere il pedale dell’acceleratore. “La
provocazione è grave, gli arresti sono abnormi, l’inchiesta
politicamente mirata; viviamo la realtà di questi territori e ci
ostiniamo a non considerare ineluttabile l’imbarbarimento politico e
sociale a cui stiamo assistendo, il peggioramento della qualità della
vita, del tessuto di relazioni e socialità”.
Nuova Entrata
Libera, ovvero la tappa di un percorso che ha in sé una serie di
attività, progetti e servizi offerti a tutta la città anche in
collaborazione con enti e isituzioni locali. Altre associazioni o
gruppi correlati hanno avuto sede e hanno sede nella stessa struttura:
“Ya Basta! Per la dignità dei popoli e contro il neoliberismo”,
“Razzismo Stop”, “S.O.S. Casa”, “Associazione Difesa
Lavoratori”,”MeltingPot”. Le attività che si svolgono vanno dal
supporto e la consulenza per migranti all’attività sindacale per i
lavoratori, dagli eventi culturali alla gestione del servizio “Bassa
Soglia” (che dal lunedì al venerdi distribuisce pasti, offre la
possibilità di farsi la doccia e lavare i propri indumenti, materiale
sanitario per la riduzione del danno, ma sopratutto offre l’ascolto e
la professionalità di 4 operatori che lavorano in rete con l’Azienda
Sanitaria e i Comuni dell’Ambito Basso Isontino a persone che per
svariati motivi si trovano ai margini della società).
Chi gestisce
la struttura sono le stesse persone che in questi anni hanno avviato o
hanno partecipato a lotte per la tutela dei diritti e il rispetto della
dignità umana, contrastando il Cpt di Gradisca, muovendosi per il
diritto alla Casa, l’accesso ai servizi quali il trasporto pubblico, la
scuola.
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