Buongiorno a tutte le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative
sociali. Dopo la pausa estiva (ormai lontana), affrontiamo con
rinnovata energia il nuovo anno. Il tema di questo numero è il nostro
contratto e alcune problematiche ad esso legate.
Il CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative sociali del settore socio-sanitario
assistenziale – educativo e di inserimento lavorativo).
Al suo interno c’è scritto tutto ciò che ci riguarda: tipologie di
assunzione, orari di lavoro, retribuzioni, comportamenti….ecc
Ogni tot anni (2-4) questo documento dal nome così lungo e dal
contenuto altrettanto complicato, viene elaborato, firmato e
approvato.
PROBLEMA N°1
Chi firma il contratto?
PROBLEMA N°1
Chi firma il contratto?
Chi stabilisce le nostre condizioni di lavoro, la nostra posizione
amministrativa, il nostro stipendio?
Ecco i soggetti che si incontrano a Roma per contrattare e decidere:
1. ANCST-LEGACOOP (associazione nazionale cooperative servizi e
turismo)
2. Conf-cooperative
3. AGCI (associazione generale cooperative italiane – solidarietà )
4. Funzione Pubblica – CGIL
5. FPS – CISL (federazione dei lavoratori pubblici e dei servizi)
6. FISASCAT / CISL (federazione italiana sindacati addetti servizi
commerciali affini e del turismo confederazione italiana sindacati
lavoratori)
7. UIL – FPL (federazione poteri locali)
Come vengono prese le decisioni? Con che criteri?
Nel “Verbale di accordo” del nostro CCNL c’è scritto:
“Le parti sociali hanno sottoscritto la presente ipotesi di accordo che
sarà sottoposta dalle OO.SS. (organizzazioni sindacali) alla
consultazione dei lavoratori”
Questo vuol dire che il contratto, prima dell’approvazione, dovrebbe
essere anche discusso con la base. Noi, che siamo la maggioranza
dei lavoratori delle cooperative, veniamo interpellati? Qualcuno ti ha
chiesto cosa ne pensi? Qualcuno ti ha chiesto un parere prima di
firmare al posto tuo un contratto che regola la tua vita lavorativa?
Chi di noi è a conoscenza di questo meccanismo?
PROBLEMA N°2
La firma del nostro CCNL è sempre in ritardo.
Il ritardo solito è di almeno 2 anni. Il nostro ultimo contratto è
scaduto il 31/12/05 e tuttora non ne è stato ancora approvato uno
nuovo. Naturalmente una parte fondamentale del CCNL tratta della
retribuzione che viene stabilita in base al costo della vita che
aumenta di anno in anno (inflazione programmata). Con l’inflazione
che cresce e il costo della vita sempre più alle stelle, il nostro salario
rimane sempre indietro di due anni.
Una volta firmato il nuovo accordo, le cooperative ci rendono una
tantum una parte del denaro che ci spetta.
Questa parte non corrisponde quasi mai agli arretrati mancati.
Questo si chiama rubare. Quanti soldi perdiamo con questo
meccanismo? Quanto siamo presi in giro?
Inoltre gli (scarsi) aumenti che ci concedono, ci vengono sempre dati
con il contagocce.
Per esempio se col nuovo contratto c’è un incremento di 100 € non
penserai mica che dalla prima busta paga ti troverai l’aumento
corrispondente?… i soldi verranno aggiunti piano piano nel corso di
due anni: il 10% gennaio, il 20% a maggio dell’anno successivo…… il
20% a dicembre quando il contratto scade alla fine del mese.
Il problema è nostro: lasciamo che altri decidano per noi senza
nemmeno interpellarci, o ci uniamo per avere potere contrattuale e
decidere il nostro destino?
PROBLEMA N°3
La mancanza di un unico contratto di categoria
Nella nostra breve storia di comitato siamo venuti a contatto con
molti educatori. Pensi che lavorino tutti nelle stesse condizioni?
Abbiamo trovato una varietà incredibile. Purtroppo è una varietà che
ci “uccide”: “uccide” la nostra unità, “uccide” l’uguaglianza e la
dignità di tutti i lavoratori del settore, “uccide” il concetto di
educatore riducendo la sua professionalità, “uccide” ogni forma di
rivendicazione. Ecco alcuni esempi di contratto per educatore: CCNL
cooperative, Contratto scuole private, ASL, Dipendenti comunali,
CCNL Metalmeccanici, CCNL Agricolo…
Somma anche tutti i contratti atipici della legge Biagi ed ecco fatto, la
frantumazione della nostra categoria è servita!
PROBLEMA N°4
Fare l’educatore o essere volontario retribuito?
Riportiamo uno stralcio interessante dello scritto di Alberto:
Mi ha stimolato molto la riflessione la constatazione di un’educatrice:
troppe volte la figura dell’educatore oscilla ambiguamente tra il
volontariato e il professionale. Molti servizi puntano sulla parola
volontariato per motivare orari di lavoro inumani e illegali, stipendi
bassi e non rispetto dei diritti del lavoratore mascherando questo con
la richiesta al lavoratore di avere un approccio di tipo missionario.
Nessuno si sognerebbe di richiedere questo ad uno psicologo o ad
uno psichiatra. La colpa è solo di questi servizi o è anche nostra?[…]
Ed ecco un altro scritto:
L’anno scorso facevo parte di un progetto in cui due strutture per
disabili si trovavano a collaborare insieme per un laboratorio di
teatro: il C.S.E. dove lavoro e una comunità residenziale.
Il problema si poneva poiché c’era una certa difficoltà nel concordare
un giorno per programmare il laboratorio. Da parte mia c’era la
richiesta di inserire la programmazione nel mio orario di lavoro,
dall’altra parte (considerando che è una comunità e c’è sempre
qualcuno giorno e notte) c’era la possibilità di incontrarsi più spesso.
Un giorno vengo a scoprire che le riunioni di programmazione
vengono svolte di sera, dopo cena.
Considerando che io ho una mia vita privata ed abito distante dal mio
luogo di lavoro, dichiarai che non potevo e non volevo esserci fuori
dal mio orario di lavoro.
La coordinatrice del servizio per cui collaboravo mi disse che se io
fossi stato realmente interessato a quel laboratorio avrei “fatto uscire
una mezz’oretta della mia vita privata per la riunione”…“significa che
non ci tieni abbastanza?”… “Poi chi ci perde sono i ragazzi…”
Passai come un indifferente e un insensibile, feci molta fatica ma alla
fine parlai col mio coordinatore e dissi che ero disponibile a
incontrarmi per la riunione solo durante il mio orario di lavoro.
Secondo me, rispondendo a questo meccanismo ci lasciamo
trasformare da professionisti a volontari.
Ci lasciamo incastrare dal senso di colpa e diventiamo quelli buoni,
bravi, che fanno del bene… Ma il mio lavoro, nonostante l’ho scelto
per questioni umane ed etiche, è pur sempre un lavoro. Mi serve
per mantenere me e la mia famiglia.
Per me il volontariato, che pratico costantemente, è altro.
A.
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