Da Il libro dei peccati delle aziende, capitolo I, “Essi, sanno”
Pare che il manager sia corso a vomitare nel bagno, uscendo senza dire niente, ma visibilmente scosso, nel bel mezzo di una riunione strategica del gruppo.
Tutti a guardarlo correre, scappare via e poi tornare bianco come un cencio, rivoltato non solo nello stomaco. L'amministratore delegato, pallido ma italico nell'orgoglio del suo capitale investito e dei suoi simboli imposti, lo ha avvicinato e con fare paterno gli ha chiesto, «qual e' il problema?». D'altronde, pensa, non ne abbiamo mai avuti.
Il manager lo guarda: deve tutto a lui, anzi a lei, a lui, a esso: il brand della loro societa'. Il manager si guarda intorno un po' spaventato, come a cercare qualcuno che potrebbe registrare le sue parole, e tira fuori dalla sua agenda un foglio di carta. Il loro logo, prossimo all'evoluzione, che appare diverso, modificato, contrario nel suo obiettivo originario, su un ritaglio di giornale.
«Essi sanno», ansima il manager.
L'amministratore delegato si siede, pausa teatrale.
«Da oggi abbiamo un problema», sussurra. Il manager annuisce e incredulo scribacchia, «Toglietemi tutto, ma non il mio brand.»
Tutti a guardarlo correre, scappare via e poi tornare bianco come un cencio, rivoltato non solo nello stomaco. L'amministratore delegato, pallido ma italico nell'orgoglio del suo capitale investito e dei suoi simboli imposti, lo ha avvicinato e con fare paterno gli ha chiesto, «qual e' il problema?». D'altronde, pensa, non ne abbiamo mai avuti.
Il manager lo guarda: deve tutto a lui, anzi a lei, a lui, a esso: il brand della loro societa'. Il manager si guarda intorno un po' spaventato, come a cercare qualcuno che potrebbe registrare le sue parole, e tira fuori dalla sua agenda un foglio di carta. Il loro logo, prossimo all'evoluzione, che appare diverso, modificato, contrario nel suo obiettivo originario, su un ritaglio di giornale.
«Essi sanno», ansima il manager.
L'amministratore delegato si siede, pausa teatrale.
«Da oggi abbiamo un problema», sussurra. Il manager annuisce e incredulo scribacchia, «Toglietemi tutto, ma non il mio brand.»
Precarizza il precarizzatore!
L'intelligence precaria e' bastarda, è subdola complicita', è cospirazione e azione.
E' la macchinetta del caffe', il pranzo in una mensa triste o un bar affollato, la chiacchiera pre presentazione con le inutili slides già pronte, asap per il brief, il kick off, il follow up, la riunioncina, il brain storming, poco fuori dall'ufficio a fumare la prima sigaretta della giornata, e' lo sguardo complice di chi ti ha detto "ci sto, smerdiamoli", sono documenti riservati, rivisti, corretti e modificati, sono voci, articoli di giornale, servizi televisivi, copertine patinate delle riviste che
leggono solo loro e tra loro, sguardi fugaci, sorrisi col senno di poi, rapidi, incontrollati, incontrollabili. E' raccolta informazioni, e' un'intesa che si fa cospirazione precaria.
L'immagine per l'azienda e' tutto. Per te? E' il simbolo della tua precarieta'.
Conta piu' una voce, un rumor, lo chiamano, delle tue ore passate a fare l'icona più viola, l'articolo più corretto, il sorriso al telefono più sorriso, il paper per il prof più prof, la faccia felice, lo scatto migliore, il vestito più lungo, la consegna più veloce, il caffè, cazzo, ti hanno detto che lo vogliono più caffè! Tu non sei loro. Tu sei un precario dedito all'intelligence, alla cospirazione, al
conflitto astuto e tenace, all’azione creativa contro chi ti precarizza, al buon senso di chi è come te, precario o precaria, tu ti distingui, non sei loro, non sei esso, non sei il loro brand.
L'intelligence precaria e' il veicolo di diffusione delle loro informazioni, delle loro strategie, delle loro piccole e grandi ripicche. L'Intelligence precaria significa che da oggi hanno un problema. Lasciategli tutto, ma non il senso del tuo tempo, che vorrebbero uguale al significato del loro brand.
E' la macchinetta del caffe', il pranzo in una mensa triste o un bar affollato, la chiacchiera pre presentazione con le inutili slides già pronte, asap per il brief, il kick off, il follow up, la riunioncina, il brain storming, poco fuori dall'ufficio a fumare la prima sigaretta della giornata, e' lo sguardo complice di chi ti ha detto "ci sto, smerdiamoli", sono documenti riservati, rivisti, corretti e modificati, sono voci, articoli di giornale, servizi televisivi, copertine patinate delle riviste che
leggono solo loro e tra loro, sguardi fugaci, sorrisi col senno di poi, rapidi, incontrollati, incontrollabili. E' raccolta informazioni, e' un'intesa che si fa cospirazione precaria.
L'immagine per l'azienda e' tutto. Per te? E' il simbolo della tua precarieta'.
Conta piu' una voce, un rumor, lo chiamano, delle tue ore passate a fare l'icona più viola, l'articolo più corretto, il sorriso al telefono più sorriso, il paper per il prof più prof, la faccia felice, lo scatto migliore, il vestito più lungo, la consegna più veloce, il caffè, cazzo, ti hanno detto che lo vogliono più caffè! Tu non sei loro. Tu sei un precario dedito all'intelligence, alla cospirazione, al
conflitto astuto e tenace, all’azione creativa contro chi ti precarizza, al buon senso di chi è come te, precario o precaria, tu ti distingui, non sei loro, non sei esso, non sei il loro brand.
L'intelligence precaria e' il veicolo di diffusione delle loro informazioni, delle loro strategie, delle loro piccole e grandi ripicche. L'Intelligence precaria significa che da oggi hanno un problema. Lasciategli tutto, ma non il senso del tuo tempo, che vorrebbero uguale al significato del loro brand.